Fonte L’Avvenire articolo di LORENZO LONGHI
Il caso specifico ha il suo peso, ma è il quadro generale a delineare i contorni di un fenomeno sociale allarmante: l’esperienza di gioco riguarda circa 18 milioni e mezzo di individui in Italia, secondo una recente indagine dell’Istituto Superiore di Sanità, e di questi sono 5,1 milioni i giocatori abitudinari. All’interno del sottoinsieme degli abitudinari, l’indagine riconosce 1,5 milioni di giocatori definiti problematici.
Il dilagare del gioco d’azzardo, favorito anche dalla facilità e dall’anonimato derivati dalla modalità online, sta inoltre cambiando l’identikit del giocatore e dell’individuo a rischio ludopatia. Tiberio Patrizi, presidente dell’associazione laziale “No Game“, in quasi dieci anni di presenza dell’associazione ha assistito in maniera empirica al mutamento: «Quando siamo nati, nel 2015, la fascia d’età più problematica era quella dei 40-50enni i cui problemi derivavano dalle vlt, le macchinette videolottery.
Oggi questo profilo resiste ma in misura molto minore, mentre al contrario la stragrande maggioranza delle richieste di aiuto che riceviamo riguarda pensionati e, purtroppo, ragazzi tra i 18 e i 25 anni. Ed è una piaga difficile da fermare; non c’è nemmeno lo stigma del puntare recandosi in un luogo fisico, qui basta uno smartphone: con le app si può scommettere su tutto, immediatamente, a qualsiasi ora e per qualsiasi evento in ogni parte del mondo. Basta troppo poco per cominciare a rovinarsi».
“NoGame” (i cui percorsi e riferimenti si trovano al sito noga-me.it), come altre associazioni di volontari sparse in tutta Italia, ogni settimana intercettano come anche i servizi dipendenze delle aziende sanitarie locali, ma attraverso strade differenti decine di persone che vi si avvicinano, ma spesso poi non hanno il coraggio di iniziare il percorso. «Per chi è affetto da ludopatia è più facile chiedere soldi per coprire i debiti che provare a chiedere aiuto. Noi abbiamo aiutato oltre 600 persone, ma sono molte di più quelle che ci hanno contattato si gioca senza soldi all’inizio. Ma quando si comincia a perdere, e succede sempre, si entra nel circolo vizioso di giocare per recuperare il denaro, si perde ancora, e così i debiti aumentano». Preoccupano, soprattutto, i dati dei giovani: «Si fa troppa poca prevenzione. Ci è capitato di andare nelle scuole, in un programma della Regione Lazio, e distribuire questionari mirati. Le risposte sono scoraggianti, senza contare che tutto questo incide poi sulla vita sociale dei giovani».
La lotta all’azzardo e anche una delle missioni della Consulta Nazionale Antiusura San Giovanni Paolo II onlus, che dal 2012 ha istituito il cartello “Insieme contro l’azzardo”. «Benché negli ultimi anni le associazioni no slot abbiano fatto un grande lavoro per fare emergere il fenomeno in tutta la sua intensità – dice Luciano Gualzetti, presidente della Consulta resta ancora sommerso il dramma di milioni di famiglie coinvolte in maniera diretta o indiretta dalla azzardopatia, dall’usura, dai fallimenti, dai suicidi. La Consulta Antiusura ha richiamato il Governo ad assumere una posizione che segni un ‘inversione di rotta decisa rispetto al passato e che si snoda in quattro mosse: l’approvazione di una legge di riordino complessivo del settore del gioco d’azzardo, che va definita, di concerto, dai ministeri della Salute, del Lavoro e delle politiche sociali e dell’Economia e Finanze, e che preveda la riduzione dell’offerta del gioco d’azzardo, la salvaguardia della possibilità, per Regioni ed Enti locali, di intervenire con normative e regolamenti sull’offerta del gioco nel proprio territorio e l’obbligo dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli a fornire pubblicamente e periodicamente i dati sul settore. Infine, si chiede attenzione al tema della dipendenza dal gioco d’azzardo nella ridefinizione del sistema sanitario e sociosanitario, in un’ottica di medicina di prossimità e di assistenza territoriale, come previsto nel Pnrr».